Clima, intervista al ministro Cingolani: “Decennio decisivo, altrimenti ci attendono scenari insostenibili e letali”

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«Purtroppo non ci sono novità positive, ma un peggioramento di tutti i parametri più pericolosi». Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani riemerge in serata dopo una giornata trascorsa a studiare, da scienziato qual è, il Sesto rapporto dell’Ipcc sui cambiamenti climatici.

Ministro Cingolani, cosa l’ha colpita di più del documento Onu?
«Dal punto di vista tecnico ho trovato migliorate la raccolta dei dati, la loro elaborazione e le proiezioni che permettono di disegnare i possibili scenari futuri».

E dal punto di vista sostanziale?
«Ci sono scenari contenuti nel rapporto secondo cui, se riusciamo a rispettare una certa quantità di emissioni di gas climalteranti nei tempi previsti dagli Accordi di Parigi, allora potremo tenere sotto controllo l’incremento di temperatura. Ecco perché è molto importante lavorare in questa decade per non far crescere il riscaldamento oltre il tetto di 1,5 gradi. Da qui al 2030 siamo chiamati a un cambiamento epocale».

Altrimenti?
«Potremmo arrivare a livelli di temperatura altissimi, oltre i 3 gradi. Una situazione insostenibile, letale».

E allora che cos’è che ostacola il cambiamento epocale di cui lei parla?
«Ci sono in ballo questioni geopolitiche importanti e complesse. Lo abbiamo visto al recente G20 Ambiente, energia e clima di Napoli. Non basta l’impegno di un singolo Paese. Serve uno sforzo globale, ma per ottenerlo occorre che i criteri di distribuzione dei “sacrifici” siano chiari. Ora non lo sono affatto. Per esempio, oggi c’è chi, come Paesi con miliardi di abitanti, vorrebbe che si tenesse conto delle emissioni pro capite, molto basse nel loro caso, e non di quelle complessive».

Ma il drammatico rapporto dell’Ipcc, le cui conclusioni sono state approvate dai rappresentanti di tutti i Paesi membri dell’Onu, non riuscirà a sbloccare lo stallo, anche in vista della conferenza sul clima Cop26, di cui l’Italia è co-organizzatrice?
«No, il rapporto mette a disposizione dei governi numeri molto importanti, ma non inciderà sulle questioni geopolitiche».

E il nostro Paese che cosa può fare?
«L’Italia è tra le nazioni più avanzate, il programma che stiamo realizzando è pensato per essere in linea con gli Accordi di Parigi e anzi accelerare in questa decade e centrare 1,5 gradi anziché stare sotto i 2. Tutte le politiche che stiamo adottando con il Pnrr e in collaborazione con l’Europa vanno in questa direzione. Da questo punto di vista, noi e Bruxelles non possiamo fare di più. Sono i grandi Paesi a dover cambiare strategia e noi stiamo lavorando per favorire un accordo in questo senso».

Tuttavia le associazioni ambientaliste chiedono uno sforzo ulteriore al governo italiano, come il varo al più presto di un Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec) più ambizioso. Come risponde?
«Se si riferiscono a quello vecchio sbagliano, perché lo stiamo aggiornando: tra la versione del 2018 e quella a cui stiamo lavorando ci sono di mezzo il Pnrr e il Next Generation Eu. Lo stiamo adeguando in modo che recepisca tutti i nuovi parametri della Commissione europea in fatto di emissioni di CO2».

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