Dl Aiuti, passa la deroga al tetto di 240mila euro per i manager pubblici. Ira di Draghi contro il Tesoro

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L’emendamento passa in commissione al Senato senza polemiche o tensioni. Ma è destinato a far discutere. Riformulato dal ministero dell’Economia, consente di derogare al tetto degli stipendi dei manager della pubblica amministrazione e delle forze dell’ordine, fissato finora a 240 mila euro, permettendo di superare questa soglia. Senza neanche fissarne una nuova, ma soltanto facendo dipendere l’eventuale aumento della remunerazione dalla disponibilità di risorse di un apposito fondo.

La norma, entrata oggi nel decreto aiuti a Palazzo Madama, è stata votata da una larga maggioranza in commissione. E genera, sia pure per il momento in modo ufficioso, l’irritazione di Mario Draghi con il Tesoro e con il ministero dei Rapporti con il Parlamento. Il premier, si apprende, non era informato della decisione del ministero dell’Economia di riscrivere – e di fatto cancellare per alcune categorie – il tetto. E non è d’accordo con chi ha riscritto il testo, tanto più in una fase così delicata per il Paese, che si appresta ad affrontare mesi complicati a causa soprattutto della crisi energetica.

Draghi prende dunque le distanze. La deroga al tetto degli stipendi, tra l’altro, riguarda soltanto alcune delle figure che devono sottostare oggi alla regola: tra questi, il Capo della polizia, il comandante generale dei Carabinieri, il comandante della Guardia di Finanza, i capi dipartimento dei ministeri e il segretario generale della presidenza del Consiglio. A loro, è scritto nell’emendamento, è attribuito un “trattamento economico accessorio” nel limite massimo della disponibilità di un fondo. Dunque senza neanche prevedere un nuovo tetto, ma facendo dipendere la dimensione dell’eventuale “aumento” esclusivamente dalle risorse a disposizione.

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