“Siamo politiche, non ‘mogli di’”. Liste, scoppia il caso maschilismo

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La campagna elettorale mostra i muscoli, ma quelli tossici del maschilismo. Così Elisabetta Piccolotti, “24 anni di impegno e passione politica” fuori e dentro Sinistra italiana, e Michela Di Biase, “16 anni di incontri, dibattiti, militanza, gioia, condivisione di obiettivi comuni” per il Partito democratico, si sono ritrovate alleate nel patto elettorale e “contro il sistema e la cultura sessista”.

Una “sorellanza” a distanza – le due non si nominano ma scrivono con un fuso di due ore post personali molto simili – nata da articoli e cinguettii sparati da destra, grillini e renziani appostati a condannare la “nuova” discesa in campo di quelle che chiamano “mogli di”.

La cronaca dice che Elisabetta Piccolotti è coniugata dal 2019 con Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana; Michela Di Biase ha sposato nel 2014 il ministro della Cultura dem Dario Franceschini. Due unioni che, sostengono i detrattori, avrebbero garantito alla prima un collegio uninominale blindato, mercanteggiato addirittura nel patto tra Si e Pd, e alla seconda un seggio sicuro in Parlamento.

“Siamo politiche, non mogli, su di noi un’ondata di putrido fango”, si ribellano Piccolotti e Di Biase, incassando la solidarietà, tra gli altri, di Michela Murgia: “Solo un Paese misogino e sessista si aspetta che quando diventi la moglie di qualcuno tu smetta di essere una persona e diventi una funzione del tuo partner”, twitta la scrittrice.

Così, dopo la notizia dei collegi uninominali di Si per Ilaria Cucchi e Aboubakar Soumahoro, Piccolotti apre Facebook e scrive: “Ringrazio le centinaia di persone che mi hanno espresso solidarietà, ricordando i miei 24 anni di impegno e passione, tutti fuori dal parlamento e a prescindere dal mio matrimonio”. L’incontro con Fratoianni è avvenuto nel 2001, al G8 di Genova, ma già prima lei era nei Giovani comunisti, nel 2006 ne è diventata coordinatrice, poi assessora del Comune di Foligno, segretaria regionale di Sel Umbria e nel 2013 candidata alle elezioni politiche. “A credere a quello che scrivono certi campioni destrorsi, renziani e pentastellati si può finire a fare la parte degli utili idioti del sistema mediatico e di potere di questo paese. Un sistema maschilista e sessista, fondato sulla demolizione del valore e della storia delle donne e sulla loro riduzione ad orpello degli uomini”, scrive l’esponente di Si.

E la candidatura? “Deciderà l’assemblea nazionale del mio partito se sono utile o sono d’intralcio, se candidarmi e dove, non due maschi in una stanza (Letta e Fratoianni, ndr). È così che si fa nelle esperienze collettive: non io, ma noi”.

Di Biase, prima degli eletti nel suo municipio a 26 anni, poi consigliera comunale di Roma, capogruppo Pd dal 2016 in Assemblea capitolina e infine eletta nel Lazio con 15 mila preferenze, ha confermato di essere nella rosa di nomi del Pd: “Sì, sono la moglie di un uomo che come me fa politica, ma descrivermi come “la moglie di” è ingiusto e, cosa molto più grave, è frutto di una cultura maschilista che vuole raccontare le donne non attraverso il loro lavoro, la loro storia ma attraverso l’uomo (marito, padre, fratello) che hanno accanto”. Risponde la sua “nemica” alla Regione Lazio Chiara Colosimo, Fratelli d’Italia: “Della tua politica non condivido nemmeno una virgola, ma sulla tua ‘autoderminazione’ condivido tutto”. 

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